Itinerario della passione di Cristo tra arte fede e devozione
Reliquie insigni della passione di Cristo
Reliquie insigni della passione di Cristo
Le prime fonti sulla storia religiosa della città di Lanciano ci testimoniano la diffusa devozione per Cristo, la Vergine Maria e i santi che troveranno una prima cristallizzazione nella compilazione del Rogationum Offitium Terrae Lanzani , sec XIV, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maggiore e conservato nel Museo diocesano di Lanciano, successivamente codificate dalle invocazioni ai santi protettori della città che si trovano in apertura degli Statuti della Città del 1541 e del 1592.
Il possesso e la venerazione di reliquie costituiva la testimonianza della diffusa devozione ma anche l’importanza e il lustro della Città. La venerazione per le reliquie dei Santi, nei secoli trascorsi, era un elemento fondante e distintivo del Cristianesimo. Esse erano ampiamente diffuse e ogni luogo di culto ne custodiva ampie collezioni, riposte in contenitori dalle più diverse tipologie, da quelli ad ostensorio, a quelli antropomorfi che rappresentavano la parte del corpo del santo in essi contenuta o a scrigno ma non mancano tipologie anche diverse e fantasiose.
Tra tutte, al rango più alto, erano tenute quelle che è direttamente erano collegate alla vita di Cristo e assumeva un senso particolare nel luogo che dall’VIII secolo conserva le reliquie della carne e del sangue di Cristo.
Tra le reliquie più notevoli c’era certamente la Santa Spina conservata in un prezioso reliquiario nella Cattedrale della Madonna del Ponte, che nella prima domenica di maggio, come tramandato dallo storico Carmine De Giorgio nella sua “Cronaca delle chiese di Lanciano”, veniva solennemente portato in processione , fino alla chiesa dell’Iconicella, dove restava esposto per tutta la giornata e in tutte le calamità pubbliche insieme al reliquiario a forma di vaso nel quale, nel 1593, Mons. Paolo Tasso sborsando la considerevole somma di 40 ducati, fece riporre una porzione di sangue del San Pantaleone il quale gli proveniva dal vescovo di Ravello De Curtis. L’esposizione della reliquia era riservata ai momenti più solenni e fu proprio con la Santa Spina che il 5 febbraio 1799 le “masse” sanfediste, cioè i sostenitori della monarchia borbonica, confluiti a Lanciano dai borghi vicini, pretesero di essere benedetti dall’allora arcivescovo Monsignor Amoroso, prima che fosse intonato un Te Deum di ringraziamento in Cattedrale.
Altre reliquie della corona di spine erano custodite nella chiesa di Sant’Agostino come già tramandava lo storico Jacopo Fella ricordando tre spine conservate dagli Agostiniani e fu proprio venendo a conoscenza di quanto tramandato dal Fella che nell’aprile del 1913 Mons. Angelo della Cioppa Arcivescovo fece chiamare Mons. Raffaele D’Anniballe, parroco di quella chiesa per verificare l’esistenza di quelle spine. Il parroco le rintracciò tra quelle esistenti nella Confraternita di San Simone e Giuda ma soltanto due. Portate dall’Arcivescovo affinché potesse esaminarle egli vi rilevò “delle macchie con alquanto di sangue grumito color rossastro, tanto nella punta di amendue le spine, quanto nel mezzo del fusto, in uno dei quali, e propriamente nel fusto della spina più lunga, osservasi un sottile filetto, con globetti minuti anche di sangue grumito” e ciò fu constato da diverse persone sia sacerdoti che secolari che si trovavano presso di lui.
L’arcivescovo ritenendo si trattasse di insigni e pregevolissime reliquie fece immediatamente ordinare a Roma un pregevole reliquiario perché esse potessero essere esposte alla pubblica venerazione. Il 21 aprile le due spine furono collocate nel reliquiario neogotico in bronzo dorato. Una di esse misura cm 5,5 mentre l’altra cm 4,5. Affinché si conoscesse la preziosità delle Sante Spine, Mons. Arcivescovo ordinò che si facesse, nella chiesa di Sant’Agostino un solenne Triduo colla esposizione delle Sante Spine che ebbe luogo dal 27 al 29 aprile di quello stesso anno 1913.
Entrambi i reliquiari sono oggi conservati presso il Museo Diocesano di Lanciano che conserva anche numerose stauroteche, così vengono definiti nello specifico i reliquiari destinati a contenere frammenti della Santa Croce che cominciano a diffondersi dopo il 320 d.C. quando, come narrato da Jacopo da Varagine nella Legenda aurea, Sant’Elena, madre dell’Imperatore Costantino, la ritrovò facendo scavare sulla collina del Golgota insieme ai chiodi, alla corona di spine e al Titolum Crucis, l’iscrizione che Pilato aveva fatto affiggere alla croce. Tra di esse ve ne sono due risalenti al secolo passato opera del maestro Annio Lora (1879-1957) direttore dal 1904 della Scuola d’Arti e Mestieri di Lanciano divenuta poi nel 1907, Regia Scuola per le Arti Decorative e Industriali. Annio Lora, originario di Trissino (Bg) e figlio del maestro del ferro battuto Antonio Lora, in qualità di Direttore della Scuola sviluppò enormemente la classe di “metalli, ponendosi nel solco della tradizione abruzzese ma innovandola secondo i dettami del gusto liberty.
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