Val Sesia
Olivo – Carpignano
Olivo – Carpignano
Le ossa di Olivo giunsero a Carpignano Sesia nel 1614 ma, a differenza degli altri corpisanti di cui contemporaneamente andava iniziando la devozione, non appartengono agli apporti romani del Cavagna, ma sono state ottenute al paese della pianura novarese dal gesuita padre Domizio Piatti, appartenente alla famiglia feudataria del luogo. Egli aveva ricevuto in dono i resti di Olivo e altre reliquie, tra cui i teschi di Pelbonia e Fortuno (Fortunato), a Roma, dove erano state recuperate dalla catacomba di Priscilla sulla Salaria, nel 1612.
I frammenti del corposanto, inseriti in una cassetta di legno contrassegnata dal simbolo della Compagnia di Gesù, vennero collocati all’interno della chiesa parrocchiale e non godettero di particolare attenzione almeno fino al 1641. In quell’anno, l’allora parroco don Giovanni Francesco Solio si recò presso la Curia Diocesana con le reliquie giunte dall’Urbe, al fine di farne canonica ricognizione per inserirle in nuove urne reliquiario che, successivamente, vennero sistemate all’interno di una nicchia ricavata nell’altare dei Santi Sebastiano e Rocco, già dedicato a Santo Stefano e poi a San Carlo.
Qui le urne si trovavano il 5 novembre 1645, quando il borgo di Carpignano venne saccheggiato dalle truppe francesi. In quell’occasione si verificò un fatto che, agli occhi della popolazione, ebbe del miracoloso e accrebbe notevolmente la devozione locale nei confronti dei santi, come testimonia il racconto redatto dall’allora parroco del posto don Giovanni Francesco Soglio: quando già i soldati avevano alzato le scuri per spezzare le urne in cui le reliquie si conservavano, apertesi queste da sé, furono accecati in modo tale, come attestarono gli stessi ufficiali, da non potersi ritirare che rispettandole.
Nel 1658, per contenere le venerate ossa, vennero commissionati dei nuovi reliquiari allo scultore Bartolomeo Tiberino, già autore della statua della Madonna del Rosario. Nonostante il pregio di questi manufatti, realizzati a forma di busto, nel 1660 gli abitanti di Carpignano si rivolsero a fra Domenico da Milano e fra Luca da Orta, guardiano del convento cappuccino di Romagnano, per una più consona sistemazione dei reperti ossei. Quelli di Olivo vennero modellati in forma di cranio e in forma di ossa delle braccia, poi inseriti in una cassetta quadrata con lastre di vetro nella parte anteriore.
Con il rifacimento della chiesa parrocchiale, avviato nel 1718 e completato nel 1753, i reliquari trovarono collocazione entro due armadi nel presbiterio e venivano solennemente esposti e recati in processione il martedì dopo Pasqua, festa celebrata localmente in onore dei Martiri. All’inizio dell’Ottocento si giunse a comporre i resti di Olivo in una figura umana e a sistemarli in un’urna, opera dell’intagliatore milanese Luigi Zuccoli. Il desiderio della comunità era però quello di realizzare una nuova e più grande cappella per contenere questa reliquia. Per tutto l’Ottocento si susseguirono progetti e sforzi per concretizzare l’idea di uno scurolo ma soltanto nel 1896 la costruzione, edificata dietro la cappella del Rosario, accolse il santo. Nel 1910 si sostituì l’urna ottocentesca con quella attuale e fu ricomposto il simulacro del creduto martire nel modo in cui ancor’oggi appare.
Inizialmente il culto di Olivo era celebrato indistintamente con quello delle altre reliquie al martedì dopo Pasqua, quando si portavano in processione le cassette lignee che le contenevano. Successivamente, quando ad Olivo si attribuì il ruolo di compatrono del paese, s’iniziò a celebrare una festa particolare in suo onore: la data venne fissata prima alla quarta domenica di luglio, poi dal 1806 anticipata alla quarta di maggio ed infine, dal 1940, per motivi legati ai lavori agricoli della popolazione, fissata alla quarta domenica di aprile come tutt’ora si usa.
Accanto alla celebrazione annuale, il paese ha dedicato al suo compatrono grandi festeggiamenti a scadenza periodica: il primo documentato risale al 1676 e per l’occasione papa Clemente X concesse ai partecipanti l’indulgenza plenaria. Successivamente si registrano quelli del 1802, per l’inaugurazione della nuova urna e quella del 1928, che diede origine alla scadenza venticinquennale rispettata nel 1954 e nel 1979 e, da ultimo, nel 2004.
L’immagine del creduto martire campeggia nella grande tela commissionata nel 1743 al pittore milanese Francesco Bianchi, ove è riprodotto, con le sembianze di un soldato romano, accanto a San Carlo Borromeo e a San Sebastiano. Sant’Olivo figura inoltre nell’affresco che Giovanni Zanolo eseguì per l’altare della chiesa di San Rocco; mentre una sua statua sormonta la facciata dello scurolo che da verso mezzogiorno. Un’altra riproduzione del santo è su uno stendardo processionale ove egli figura in preghiera, con San Rocco, ai lati della Madonna Assunta.
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