Val Sesia
Innocenzo – Campertogno
Innocenzo – Campertogno
I resti di Innocenzo, ritrovati nella catacomba di Callisto, vennero autenticati il 1° febbraio 1709 dal cardinale Gaspare Carpegna, vicario generale del Sommo Pontefice, il quale li consegnò a Rocco Antonio Gianoli, figlio di Giovanni Battista Gianoli, originario della frazione Piana di Campertogno. Con l’intenzione di donarla alla chiesa parrocchiale del suo paese d’origine, egli portò la reliquia presso la curia di Novara, per il necessario riconoscimento. Il documento della ricognizione reca la data del 20 luglio 1711, durante l’episcopato di Giovanni Battista Visconti. Non è possibile sapere le vicende del corposanto nei due anni trascorsi dal suo riconoscimento a Roma e quello avvenuto a Novara: è molto probabile che il Gianoli lo trattenne presso di sé e che solo nel 1711 egli abbia fatto ritorno in patria, provvedendo quindi a effettuare l’autenticazione della reliquia.
L’arrivo di Innocenzo a destinazione è documentato, molto stranamente, soltanto dall’indicazione di un’offerta compiuta da un certo Carlo Antonio Pianella, per aver avuto l’onore di portare il baldacchino in occasione della processione d’accoglienza delle reliquie, la registrazione della quota versata porta la data del 10 agosto 1711. Al termine della solenne funzione i sacri resti, contenuti in una cassetta lignea con vetri, furono collocati sotto la mensa dell’altare di San Giuseppe.
La notizia successiva, oggi reperibile, che riguarda il corposanto di Innocenzo risale al 15 luglio 1753. In quel giorno Pier Antonio Gilardi, devoto al santo, accetta la carica di tesoriere della Congregazione di San Giuseppe, istituita a favore dei campertognesi emigrati a Torino, con la clausola che si compia al più presto una solenne processione delle reliquie, conservate appunto nell’altare di patronato di tale congregazione.
Dopo circa un secolo, durante il quale i documenti tacciono riguardo al corposanto, nel 1842 il parroco don Pasquale Masini si adoperò per ricomporre le ossa nella forma di un corpo intero e per sistemarle entro un’urna, che nelle sue intenzioni si sarebbe dovuta collocare nello scurolo in fase di completamento sotto il presbiterio. Nonostante siano state ottenute tutte le debite autorizzazioni dalla curia diocesana (20 ottobre 1842), le ossa non furono toccate ed il trasferimento non venne compiuto.
Il momento di maggior interesse nei riguardi del corposanto di Innocenzo si è avuto nel corso degli anni trenta del Novecento ed in particolare nel 1937. Su iniziativa di don Angelo Cortellini, parroco del paese dal 1933 al 1956, il 13 febbraio di quell’anno le ossa furono sottoposte ad un’accuratissima ricognizione, per collocarle all’interno di una figura giacente in ceroplastica. Il manichino venne inserito in una nuova urna, trasportata in processione nell’agosto dello stesso anno e poi collocata nuovamente sotto la mensa dell’altare di San Giuseppe dove attualmente è posizionata. All’interno dell’urna, nell’angolo inferiore sinistro, è stato posto il reliquiario settecentesco che già conteneva il vas sanguinis, ritenuto segno certo del martirio di Innocenzo e allegato alle reliquie nel loro trasporto dalla catacomba fino a Campertogno.
Non si conoscono le ragioni per cui, dopo l’attenzione di cui fu oggetto, il corpo del cristiano chiamato Innocenzo non fu mai deposto nello scurolo appositamente realizzato per conservarlo, dove è in venerazione invece una pregevole statua del Cristo Morto, opera dello scultore Carlo Plura, donata da Giacomo Gianoli nel 1744.
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