Chiesa di San Pio X, Bolzano
Progetto pastorale e vita ecclesiale
Progetto pastorale e vita ecclesiale
Negli anni Cinquanta, la trasformazione della zona industriale di Bolzano con l’insediamento di nuove attività produttive oltre alla dislocazione nella città -capoluogo di confine- di numerosi battaglioni dell’esercito e di altre forze dell’ordine rende necessario reperire adeguati alloggi per il personale ivi impiegato, ottenuti realizzando nuovi insediamenti abitativi al di là del limite della città consolidatasi con l’espansione del primo Novecento.
Si tratta dunque di comparti per edifici residenziali di carattere popolare o convenzionato, ricavati dall’urbanizzazione della campagna preesistente e assegnati, ciascuno, ad un ente specifico, in assenza di un vero e proprio disegno organico. Le tipologie edilizie utilizzate sono piuttosto ricorrenti, con il ripetersi di palazzine a più piani distribuite all’interno di isolati perimetrati da stradine secondarie, circondati da cortili. Solo in corrispondenza delle vie principali di attraversamento sono presenti fronti edilizi di carattere urbano con al piano terra negozi e servizi.
Tra queste realizzazioni le più significative sono quelle dell’INA-Casa che, da sola, provvede al quartiere alloggi per complessivi 7000 abitanti, introducendo una certa sperimentazione progettuale con qualche architettura di qualità in linea con quanto avviene nel resto d’Italia. La provenienza degli abitanti assegnatari degli alloggi è quasi interamente italiana, sia costituita da famiglie che già vivevano a Bolzano e che vengono qui riallocate che di nuova immigrazione. È opportuno ricordare che in questi anni la tensione tra gruppi linguistici inizia a crescere: proprio questa zona della città sarà coinvolta in alcuni degli episodi terroristici legati alla difficile stagione degli anni Sessanta.
L’estensione del nuovo quartiere che va così a delinearsi, espansione di quello di Don Bosco, alla cui chiesa faceva inizialmente capo, rende evidente la necessità di realizzare un nuovo polo di riferimento religioso ad esso destinato. Il parroco di Don Bosco, don Francesco Daz, diventa promotore dell’iniziativa che segue in prima persona, tanto che, nel 1964, all’erezione canonica della Parrocchia, ne diviene il primo parroco.
Comunità di estrema periferia, sorta negli ultimi anni in cui la composizione sociale insediata era distinguibile in categorie omogenee (operai, militari, …), si confronta ben presto con una più plurale eterogeneità e con i temi che essa porta con sé come le differenti povertà, l’invecchiamento, l’immigrazione straniera, il rapporto con i campi nomadi che qui si attestano. Negli anni seguenti il quartiere viene ulteriormente ampliato con la realizzazione di nuovi insediamenti che erodono ancora di più la campagna frontistante, sempre caratterizzati da ampie percentuali di alloggi popolari o a canone convenzionato che estendono il perimetro della Parrocchia tanto che, nel 2006, parte del suo territorio viene scorporato per erigerne una nuova dedicata a Madre Teresa di Calcutta.
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