Chiesa di Santa Barbara

Santa Barbara una martire di carta

Santa Barbara una martire di carta

La figura di Santa Barbara ha ispirato nel corso dei secoli moltissimi artisti e artigiani dell’iconografia libraria.

Di eccezionale fattura è ad esempio la miniatura, realizzata da un anonimo di scuola napoletana, all’interno di un Passionario manoscritto in pergamena della seconda metà del Quattrocento, oggi conservato a Roma presso la Biblioteca Casanatense (fig. 1). Prevalgono i colori rosso, giallo oro e blu. Nel margine esterno del foglio, un ornamento a candelabro; nel margine inferiore, due putti sorreggono uno stemma nobiliare; in basso, al centro, di seguito al titolo della leggenda “Vita et Passio Sancte Barbare”, campeggia l’iniziale miniata “B” di modulo grande, che all’interno racchiude l’immagine della martire con in mano la torre, segno della prigionia a cui fu sottoposta dal padre Dioscuro. La scrittura del testo è un’elegante umanistica libraria.

Nel poema sacro La devotissima rappresentazione di Santa Barbara, pubblicato a Firenze nel 1568 (fig. 2a), il titolo è seguito da un’illustrazione a piena pagina incorniciata in una xilografia. La martire è collocata accanto alla torre, tiene nella mano destra delle piume di pavone, segno della trasformazione miracolosa delle verghe con cui aveva subito le torture, e regge nella sinistra il calice con l’ostia, evidenti simboli eucaristici del viatico cristiano alla morte (è singolare che questi due elementi siano ancora associati alla sua iconografia dopo il Concilio di Trento, che li aveva aboliti). Degno di nota, inoltre, il corpo del padre Dioscuro ai suoi piedi, a simboleggiare la vittoria della comunità cristiana sul paganesimo. Nella stessa edizione, altre xilografie di modulo minore scandiscono diverse tappe della storia narrata in versi (il consulto di Dioscuro dall’astrologo, il battesimo di lei (fig. 2b), il taglio delle mammelle, la sua decapitazione), conferendo al libro un aspetto multimediale che tende a rievocare la sacra rappresentazione.

Ancora nella seconda metà del XVIII secolo, una bellissima incisione ad acquaforte (1769) di Cornelius Van Noorde, raffigura la martire in primo piano, vestita con grande eleganza, davanti alla torre a tre finestre in fase di costruzione, evidenziandone due degli attributi più significativi: la palma e il libro. In proposito, mentre è noto che santa Barbara è protettrice di numerose categorie professionali (vigili del fuoco, corpo della Marina militare, artificieri, artiglieri, minatori, architetti), in pochi sanno che la martire è stata spesso eletta anche come patrona dei librai, come è avvenuto in pieno Seicento per la confraternita di Santa Barbara a Roma.

L’incisione di Cornelius Van Noorde è basata sul modello di una grisaglia, realizzata su tavola dipinta ad olio e databile alla prima metà del XV secolo, ad opera del celebre pittore fiammingo Jan van Eyck. La grisaglia, in pittura, è un abbozzo che serve per preparare meglio la colorazione definitiva del dipinto. Molto probabilmente si tratta dunque di un’opera rimasta incompiuta, la più antica di questo genere ritrovata tra Belgio e Paesi Bassi. Lo status provvisorio del dipinto permette di apprezzare l’innovazione nelle tecniche pittoriche da parte di van Eyck, basata sulla stesura di una base chiara e luminosa, quasi monocromatica, alla quale venivano progressivamente sovrapposti diversi strati sottili di colore, denominati velature (fig.4).

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