Il Trecento: tra persistenze bizantine e influssi toscani

Pittore ligure, Madonna dei Disciplinanti

Pittore ligure, Madonna dei Disciplinanti

Autore: Pittore ligure
Titolo: Madonna dei Disciplinanti
Data: 1320-1330 ca.
Materia e tecnica: tempera su tavola
Misure: 80.5 x 72.5 cm
Collocazione: Chiavari, Museo Diocesano
ProvenienzaMoneglia, Oratorio dei Disciplinanti

Oggi conservato nel Museo Diocesano di Chiavari, il dipinto proviene dall’oratorio dei Disciplinanti di Moneglia, dove, fino alla fine del Novecento, era incastonato sull’altare maggiore, nello spazio posto al culmine del fastigio che corona la cornice in stucco che circonda la pala. Questa sistemazione, assunta tra il XVII e il XVIII secolo, ha comportato rilevanti manomissioni. Per inserirla nell’intelaiatura architettonica, la tavola viene infatti decurtata sia lateralmente sia nella parte inferiore. Le due figure laterali sono state dimezzate ed è andata perduta gran parte del personaggio inginocchiato in basso, del quale restano soltanto le mani giunte.

Nonostante le mutilazioni, l’identificazione del santo a sinistra con Giovanni Battista è resa sicura dal cartiglio srotolato, sul quale sono scritte le parole con cui il Precursore indica Cristo al popolo sulle rive del Giordano: “Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi” (“Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo”). Più sfumati sono invece gli indizi relativi al santo vescovo sulla destra, forse identificabile con san Nicola.

Che l’opera fosse destinata fin dall’origine alla confraternita monegliese lo testimonia l’iscrizione sorretta da Gesù Bambino, che riporta un versetto del Salmo 2 – “Apprehendite disciplinam ne quando irascatur Dominus et pereatis de via iusta” (“servite Dio con timore e con tremore esultate; che non si sdegni e voi perdiate la via”) – un chiaro riferimento alla spiritualità dei Disciplinanti.

Dal punto di vista compositivo, l’impaginazione richiama modelli largamente diffusi nella produzione trecentesca ligure, a partire dalla Madonna con il Bambino della chiesa genovese di Santa Maria di Castello, in cui per la prima volta compare la struttura con la Vergine a mezza figura affiancata da due santi di dimensioni più piccole. La resa del soggetto, caratterizzata dal gesto affettuoso con cui il Bambino accosta il volto a quello della Madre, testimonia una conoscenza della tradizione bizantina ed in particolare delle scene affrescate dai maestri costantinopolitani sulla controfacciata della cattedrale genovese entro 1312, ed in particolare la Madonna Eleusa tra santi. Accanto a questi elementi, l’ignoto pittore dimostra però di saper attenuare la rigidità dei canoni orientali, rivolgendosi alla tradizione occidentale, a cui si ispira per la sodezza delle figure, la densità del colore, il movimento che percorre il velo di Maria.

Da collocare tra il 1320 e il 1330, l’opera testimonia un momento in cui modelli senesi e costantinopolitani convivono e animano le proposte che da Genova si diffondono sul territorio.

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