Il Beato Don Giuseppe Beotti: carità e sacrificio

Don Beotti apostolo di carità durante la seconda guerra mondiale

Don Beotti apostolo di carità durante la seconda guerra mondiale

Don Beotti, durante gli anni di Sidolo, si incontra nella chiesa di Credarola con Italo Subacchi, giovane prete che verrà poi fucilato insieme a lui, poiché il loro direttore spirituale era l’allora parroco della località, Don Dorino Ferrari. Talvolta si raduna poi con gli altri parroci della Val Toncina al battistero di Cereseto.

Nel 1942, quando ormai la guerra per l’Italia stava volgendo al peggio, e mancando le materie prime, il governo fascista impone la requisizione delle campane per fondere il bronzo e ricavare da esso munizioni. Anche a Sidolo arrivarono gli operai per asportare le campane della chiesa. La popolazione e Don Beotti si opposero con ogni mezzo al prelievo. Purtroppo a nulla servì la loro resistenza, che ebbe anche conseguenze giudiziarie per lo stesso Don Beotti. Grazie all’intervento di un buon avvocato la vicenda si risolse positivamente, ma da quel momento in poi Don Beotti ebbe la consapevolezza di essere nel mirino.

Gazzetta di Parma, 21 luglio 1943

 

Procedimento penale contro Don Beotti, 1943

Questa consapevolezza non gli impedì di continuare a svolgere il suo compito di pastore sempre dando il massimo di sé stesso.

Soprattutto dopo la disfatta dell’8 settembre, Don Beotti, vero apostolo di carità ed in nome di Cristo, fece tutto quello che era in suo potere per aiutare, sostenere e salvare dalla morte più persone possibile.

La porta della sua casa era sempre aperta e molti chiesero il suo aiuto: partigiani, soldati, ebrei, inglesi, prigionieri in fuga, persone di qualsiasi tendenza politica. A nessuno di loro negò una parola di consolazione ed un abbraccio fraterno. Non si preoccupò delle conseguenze dei suoi gesti, ma solamente che tutti coloro che si rivolgevano a lui avessero indistintamente aiuto.

E non solo. Quando veniva a conoscenza che c’era qualcuno bisognoso di aiuto nascosto in giro, non aspettava che venisse a bussare alla sua porta, ma, senza esitare, andava lui stesso a cercarlo. Spesso usciva anche durante la notte, di nascosto, per recarsi nei rifugi dove sapeva di trovare profughi o sfollati per portare loro almeno un pezzo di pane ed una parola di conforto.

Riuscì ad avvicinare un gruppo di ebrei provenienti dalla Jugoslavia braccati dai tedeschi. Con il suo atteggiamento caritatevole vinse la loro diffidenza, e stinse con loro un rapporto di amicizia che portò anche alcuni di loro a chiedere di essere ammessi alla religione cattolica e a ricevere il battesimo, prima di fuggire verso la Svizzera.

Don Beotti battezza un gruppo di ebrei a Sidolo

Don Beotti, che già più volte aveva offerto a Dio la sua vita per la salvezza del suo popolo, sapeva di essere in costante pericolo e particolarmente esposto. Anche alcuni partigiani avevano mostrato atteggiamenti ostili nei suoi confronti. Ciononostante continuò imperterrito ad aiutare tutti indistintamente. Rifiutò di scappare e nascondersi. Preferì rimanere fino alla fine in mezzo alla sua gente dicendo “Finché c’è un’anima da curare, io sto al mio posto”.

 

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