Miracoli eucaristici

Il miracolo custodito nella chiesa di San Francesco

Il miracolo custodito nella chiesa di San Francesco

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La tradizione, raccolta in fonti scritte dal XVI secolo, narra di un monaco basiliano che, tra il VII e l’VIII secolo (circa l’anni del Signore 700” tramandano le fonti più antiche) durante la celebrazione di una messa, al momento della consacrazione, fu preso dal dubbio sulla realtà della transustanziazione.

Davanti ai suoi occhi l’ostia si trasformò in carne e il vino in sangue.

Il monaco, di cui non è stato tramandato il nome, era membro della comunità dei Monaci Basiliani che si era stabilita in quello che allora doveva essere un monastero isolato all’esterno della cinta fortificata del Castrum Lanzani. Il luogo di culto in cui avvenne il miracolo venne identificato molti secoli dopo con una presunta chiesa dei Santi Legonziano e Domiziano in Curte Anteana. Solo studi recenti, a partire da Corrado Marciani (1899-1972), hanno correttamente collocato la chiesa dei Santi Legonziano e Domiziano in Curte Aternana, l’odierna Pescara, e identificato l’antico luogo di culto con la chiesa dedicata a San Longino, documentata da diversi scritti.

Storicamente il Miracolo è collocabile del contesto della contrapposizione, nell’area geografica della costa abruzzese, tra le comunità bizantine, di fede calcedoniana, e quelle dei Longobardi, che avevano conquistato l’Abruzzo penetrando dall’interno e si erano mantenute all’eresia ariana, la dottrina cristologica elaborata dal presbitero, monaco  Ario, condannata già dal 325 d. C. al primo concilio di Nicea che sosteneva che la natura divina del Figlio fosse inferiore a quella del Padre.

A Lanciano, come testimoniato anche dai ritrovamenti archeologici degli ultimi decenni, i Longobardi si stabilirono sul Colle Erminio dando origine al nucleo più antico della città, il quartiere di Lanciano Vecchio, sviluppatosi intorno ad una fortificazione detta “Il Tonnino” dalla forma rotonda del mastio centrale, mentre i Bizantini erano insediati alle pendici della collina di fronte, con il monastero basiliano.

Nulla ci è stato tramandato sulla conservazione delle reliquie nei primi secoli; a partire dal XIII secolo esse vennero collocate in quella che era detta la Cappella Oscura, ricavata all’interno del campanile, in cornu evangeli, a sinistra dell’altare maggiore. Solo successivamente, dal 1636, vennero conservate nella cappella Valsecca, sul lato destro della chiesa. La custodia viene descritta in un manoscritto conservato nell’archivio della chiesa di San Francesco a cura di G. De Marchis come “Un bellissimo Tabernacolo d’avorio, che forse in quei tempi questo dente era stimato più di ogni altro metallo, in cui si è conservata una tanta Reliquia, quasi sino ai giorni nostri; indi in un bellissimo vaso d’argento, quasi in calice, finalmente in un ricchissimo cristallo di Rocca dove al presente si conserva”. Negli anni ’30 del 700, dopo la completa ristrutturazione della chiesa di San Francesco, le reliquie vennero collate nell’altare corrispondente alla cappella Valsecca, il terzo a partire dall’ingresso, sul lato destro. Dietro la pala d’altare che riproduce il Prodigio, vi erano due ante di legno chiuse a chiave e una grata cubica contenente le Reliquie, chiusa con altre due chiavi differenti. La Carne, dal 1713, è conservata in un artistico ostensorio d’argento, finemente cesellato. Il Sangue è contenuto in una ricca ed antica ampolla di cristallo di Rocca.

Dal 1902 le Reliquie sono custodite nell’altare monumentale di marmo al centro del presbiterio, fatto erigere dai Lancianesi, su disegno dell’Ing. Filippo Sargiacomo.

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1° Congresso Eucaristico Regionale, Lanciano, 1924

Risale al 1970 l’indagine scientifica sulle reliquie che ha dimostrato l’autenticità del miracolo.

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