I protagonisti
Canto e musica nelle processioni devozionali
Canto e musica nelle processioni devozionali
Uno degli ambiti devozionali in cui questa forma musicale devozionale si è sviluppata è quello delle processioni intese come cammino di conversione e di purificazione.
La processione è un segmento liturgico tra i più amati e curati nell’ambito della devozione popolare non solo perché ha uno scopo e un punto di arrivo preciso (santuario, pilone, cappella, cimitero), ma soprattutto perché, per raggiungere l’arrivo, era necessario uscire dall’edificio sacro superando e aggirando la rigidità dei riti della liturgia ufficiale e permettendo di fatto una prassi celebrativa più libera e indipendente che accoglieva tranquillamente al suo interno cambiamenti e ‘contaminazioni’ con la vita della strada, più a dimensione di popolo. La processione diventa quindi quasi un trait d’union tra il mondo del sacro e quello profano!
In questo contesto due sono gli elementi che si sviluppano maggiormente: l’immagine e il suono (elementi di comunicazione primaria). Si costruiscono importanti gruppi statuari, croci di tutte le forme e dimensioni, gonfaloni e stendardi, baldacchini di varie forge e misure, candele e torce, vestiti e ‘divise’ di tutte le forme e colori che esprimevano il senso di appartenenza ad una confraternita o gruppo di lavoro, ecc.
E poi la ricerca e lo sviluppo di effetti sonori particolari: canti adatti al momento processionale e devozionale in lingua volgare, suoni di strumenti particolari (raganelle), spari di mortaretti e di fuochi, uso di organetti portativi, declamazione di testi cantilenanti, canto di litanie particolari, sviluppo dell’uso bande musicali dell’esercito o appositamente costituite.
Con questi elementi il rito-processione facilitò lo sviluppo di effetti di spettacolarizzazione e drammatizzazione sempre più grandi, specialmente intorno alla Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo, diventando quasi una biblia pauperum che catechizzava in modo impressionante e indiretto tutti coloro che diversamente non avrebbero potuto approfondire una esperienza di fede personale. Accanto agli eventi della vita di Gesù Cristo, le processioni cominciarono a svolgersi anche in onore dei Santi. Interessante citare la descrizione di una di questa: il 3 gennaio 1637 in occasione della canonizzazione di Ludovico Bertrando di Valenza e di Rosa di Lima vennero decretati otto giorni di festa che si conclusero con una solenne e impressionante processione così descritta:
“s’avviò à suon di Trombe, Tamburri, Organi, Campane, e salve una Pubblica Processione per tutta la Città (ndr. Trento); portandosi da’ PP. Riformati la Statua di S. Lodovico corteggiata d’Angioli, e à suon d’instromenti con tramischia d’una lunga fila di misterj. Et quella di Santa Rosa su gli Homeri de’ PP. Capuccini attorniata da Angiolette co’l suo Concerto; Conchiudendosi co’l portarsi l’Effigie à rilievo di Nostra Dama. La Comitiva fù cospicua di lumi,e di qualità dell’un Sesso, che dell’altro il tutto seguendo con ordine fin’alla Chiesa, dove in arrivando i Santi rimbombò il Ciel per una gran Salva” (in A. Carlini, Canti e musiche nei riti processionali nel Settecento).
Anche la processione contribuì quindi nei secoli allo sviluppo e al rifiorire del canto liturgico popolare. Questo sviluppo si ebbe prima di tutto in ambiente anglosassone e in un secondo tempo anche in Italia: possiamo ricordare l’opera pedagogico-partecipativa di san Giovanni Bosco che a partire dal 1847 edita Il giovane provveduto: di questo libro di pietà e di formazione cristiana ne sono state fatte 488 edizioni! Accanto a questa raccolta se ne sviluppano altre con prospettive devozionali e missionarie: Francesco Faà di Bruno di Torino è l’autore de La lira cantata e Musica per sacre lodi con accompagnamento di piano-forte.
Nel 1900 questi canti, ormai identificati come Lodi, si svilupparono sempre di più, grazie anche a tanti pastori musicisti, impegnati sul campo, che erano favorevoli al canto del popolo in lingua volgare. Vedono la luce Pio Canzoniere italiano per iniziativa di Marcello Capra editore, vari libri di canti del popolo e religiosi popolari, con un’intensa diffusione nei seminari e nelle parrocchie di volumi come Parrocchiano cantore.
Avviene così un fenomeno interessante: il canto popolare che all’inizio era nato come forma musicale extraliturgica ed era quindi uscito dalla liturgia ufficiale, vi rientra come momento di preghiera dell’assemblea durante l’azione liturgica: troviamo lodi da eseguirsi durante l’introito, prima e dopo la consacrazione, durante la comunione, etc. Si sviluppa l’effetto-tampone: dove il popolo non può intervenire perché la liturgia ufficiale prevede il latino e il canto gregoriano o polifonico si sviluppano canti per l’Avvento, il Natale, l’Epifania, la Passione, la Risurrezione, ecc.; nascono lodi per il Sacro Cuore, per la devozione alla SS. Eucaristia, per le Feste principali e per le devozioni a Maria SS.; per San Giuseppe e in onore di alcuni Santi.
La motivazione di fondo, a mio avviso, è estremamente valida: che il popolo canti, anche se la liturgia è in lingua latina! Anche se la liturgia ufficiale continuava ad essere privilegio del clero e di pochi (ci vorrà il movimento liturgico, il movimento ceciliano e il Concilio Vaticano II per sbloccare la situazione) e il canto delle parti specifiche della liturgia riservate al celebrante e al coro posto in tribuna, si continua a sentire fondamentale dal popolo l’esigenza della partecipazione canora di tutta l’assemblea alla azione sacra.
Si percepisce che la autentica celebrazione liturgica non si attua con un apparato grandioso fatto di merletti, pizzetti, cotte e mercanzia varia, ma si realizza dando a tutti la possibilità di una autentica partecipazione. Per cui la liturgia autentica non è tanto fatta ‘per’ una assemblea che passivamente assiste, ma ‘da’ una assemblea che fattivamente esprime la sua presenza. Ma questo è un ulteriore discorso…
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