Si misero in cammino: pratiche processionali di comunità

Alle porte della città

Alle porte della città

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La tela raffigura la processione delle principali confraternite cuneesi, del clero e della nobiltà cittadina alla cappella di San Sebastiano. L’edificio originario era sorto per volontà comunale nella prima metà del Quattrocento “presso la porta di Nizza” (nella zona dell’odierna piazza Galimberti) e qui era rimasto in attività fino al 1691 anno del suo definitivo abbandono a causa di un’esplosione. Recentemente, gli scavi per il tele riscaldamento hanno riportato alla luce resti che fanno riferimento a un edificio ottagonale, di cui si sono parzialmente conservati cinque lati. La collocazione nella zona di via Vittorio Amedeo II corrisponde – seppur con qualche licenza – a quella evidenziata nel dipinto del Museo Diocesano che ci aiuta ad immaginarne la struttura. La cappella presentava numerose arcate, per consentire di partecipare alla celebrazione e alla preghiera stando all’esterno, evitando così assembramenti.

Nella scena i diversi gruppi in processione appaiono dotati di lanterne, crocifissi e stendardi; tra questi arredi c’erano forse il Cristo quattrocentesco della Cruciata (oggi presso l’ospedale Santa Croce) e lo stendardo del Moncalvo ricordato negli inventari di San Sebastiano, di cui sembra di individuare una traccia nella Madonna del Carmine esposta nella sala omonima del Museo. La cronologia della tela è da pensare non troppo distante dalla “fiera pestilenza” che negli anni Trenta del Seicento devastò la città. Non molto lontano da questa data – nel 1628 – si era dato incarico al pittore Giovanni Antonio Molineri di realizzare “sedici quadri della vita di S.to Sebastiano”, mai usciti dalla bottega dell’artista, morto a causa della malattia nel 1631.

Il dipinto con la processione confonde per l’accostamento di un registro strettamente realistico (riconosciamo distintamente la veduta dal lato Gesso con la torre civica, S. Francesco e la facciata di S. Maria del Bosco il cui campanile crollò nell’assedio del 1557), ad uno più fantasioso (la catena montuosa sullo sfondo appare poco precisa rispetto all’orografia reale), giustapposti come fondali di un teatrino che ospitano in primo piano la parata delle autorità. Lo scrupolo con cui è reso l’impianto urbanistico fa pensare all’utilizzo di un modello incisorio, forse una stampa devozionale o una delle vedute di Cuneo derivate dall’assedio del 1557.

I documenti raccontano che già dal 1599 erano nate liti per la suddivisione dei gruppi nella processione e per la precedenza nel portare il “pallio”; gli ordinati comunali dicono che “per levar ogni inconveniente et rumore” venne affidato “alli fratelli disciplinanti delle quattro compagnie”. La sigla in basso a sinistra (GAB) si riferisce probabilmente alle iniziali del committente – fino ad ora non identificato – sul modello di quanto accade per i teleri di San Sebastiano esposti nella stessa sala. La città non era certo nuova alle preghiere per liberarsi dal flagello della peste, come testimonia la Lauda di Penitenza conservata nell’archivio dell’ospedale di Santa Croce, datata 1525:

 

Abbi pietate, o Madonna diletta

Del popol tuo destructo, et per amor del dolcissimo fructo

salva tu Cunio nostra dalla stretta

La peste minacioe tante parti; forsi li dava aviso a convertirsi

et non esser surpriso da tanta destructione et emendarsi.

Hora essa venne, che non li è riparo in la nostra concordia,

et nui piangendo il nostro fallo amaro humilmente cridiam: mizericordia!

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