Florimonte ed il Concilio di Trento
La circolare “Alli Magnifici Eletti Ufficiali”
La circolare “Alli Magnifici Eletti Ufficiali”
Poco dopo l’apertura del concilio, Florimonte il 20 maggio del 1546 inviò una circolare alla sua diocesi di Aquino in cui informava i fedeli dell’opera dell’assise e di come dovessero partecipare ai lavori. Il documento è conservato manoscritto nell’archivio di Montecassino. È stato pubblicato per la prima volta da Giuseppe Tommasino. È di una originalità e preziosità unica, sia per il contenuto che per la forma. Anche se definito da Tommasino “circolare”, per lo stile ed il contenuto potrebbe essere una lettera pastorale. Specie nella seconda parte dove si trovano delle esortazioni morali e pastorali. L’originalità si denota già dal suo incipit. Stranamente non è indirizzata solo al clero e ai laici, ma anche alle autorità pubbliche che devono vigilare sul bene comune. Tutti sono chiamati in causa a conoscere le intenzioni del pastore e a seguirne i suggerimenti. Lo scritto parte da una richiesta di scuse per la sua partenza senza aver potuto salutare i suoi diocesani. Segue poi la descrizione dell’apertura e del concilio con un’accurata cronaca dei primi mesi conciliari. La parte successiva della circolare è una esortazione morale e dottrinale fatta agli aquinati. Florimonte chiede anche ai chierici e ai laici di fare un concilio o meglio immagina che ciò che stia avvenendo a Trento debba avvenire ad ogni livello. La riforma dei vertici deve corrispondere con quella della base. Tre sono le modalità dello stesso concilio. La prima è quella generale celebrata a Trento, la seconda quella civile di Aquino che coinvolga clero ed autorità pubbliche correggendo gli errori dei peccatori e la terza quella privata in ogni casa. Ciascuno esaminando se stesso ed i propri familiari deve tornare al Vangelo. Quest’idea di concilio che dai vertici arrivi alla base, e che tutti si sentano in concilio emendando società e singoli, sembra essere assolutamente unica nell’ambiente della riforma cattolica. Ancora più significativa è l’idea di assise ecumenica, almeno contestualizzata in quel periodo. Nel cosiddetto “Civil Concilio” bisogna analizzare i mali della società e della Terra di Aquino.
Il primo male è il disservizio ai poveri. Il secondo male è la bestemmia. Altri mali sono la discordia e l’odio. L’anteporre il bene privato a quello pubblico è altro male. La società deve quindi, nel “Civil Concilio” verificare i mali della propria terra e sovvenire alle necessità dei poveri. Eliminare la bestemmia e le eresie. Puntare sul bene di tutti ed estirpare le ingiurie. Sono questi i mali di una società lontana dalla fede. Solo uomini cristiani possono creare un paese cristiano.
Segue poi il terzo livello del concilio. Quello dei privati. Si deve partire dal discernimento dei propri desideri. Tutti i disegni, le pratiche, le speranze devono essere raccolte ed esaminate. Se sono giuste vanno valorizzate, altrimenti lasciarle. Porterebbero solo mali e turpitudini. Dopo aver esaminato se stessi, bisogna esaminare familiari e vicini.
Il prezioso documento si chiude con la benedizione a ciascun fedele e con la comunicazione dell’attesa di alcuni vescovi delle Fiandre e della Spagna.
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