Val Sesia
Bonifacio – Zuccaro
Bonifacio – Zuccaro
San Bonifacio è considerato il compatrono della parrocchia di Zuccaro, frazione del vasto comune di Valduggia, tra la Valsesia ed il Cusio. I suoi resti mortali, recuperati dalla catacomba di Calepodio nel 1680, vennero donati l’8 aprile del 1683 dal prefetto della Sacrestia Pontificia a Girolamo Valvassori, religioso agostiniano ed allora vescovo di Pesaro. Questo corposanto venne utilizzato per soddisfare la richiesta di reliquie avanzata dall’allora parroco di Zuccaro don Domenico De Luca e il 20 luglio dello stesso anno, esso venne riconosciuto presso il palazzo episcopale sull’Isola di San Giulio, alla presenza del delegato vescovile don Antonio Maria Franchi, prevosto della collegiata e vicario foraneo dell’isola di San Giulio.
Per la loro collocazione all’interno dell’urna ed il posizionamento della stessa nel sontuoso altare, appositamente preparato e intagliato dallo scultore Giovanni Giacomo Fantino, trascorsero due anni; nel luglio del 1685 le reliquie furono ricomposizione in forma anatomica, dal padre cappuccino Basilio da Novara. All’interno dell’urna, il corposanto è vegliato da cinque statuette di angeli che sorreggono un festone con parole di invocazione al presunto martire, e si presenta ancora composto nella ricca foggia originale. La corazza da soldato romano ed i calzari sono realizzati con tessuto traforato che lascia intravvedere, in alcuni punti, lo scheletro ricomposto. Il capo è ornato da una corona floreale; la mano destra poggia sul ventre mentre la sinistra, adagiata lungo il fianco, stringe una palma lignea e un foglio di carta chiuso con un nastro rosso. Si tratta del testo del voto formulato dalla comunità di Zuccaro nel 1944, durante il secondo conflitto mondiale, col quale essa si impegna, se il paese fosse stato risparmiato dalla distruzione minacciata nell’ambito delle rappresaglie nazifasciste, a solennizzare nuovamente la festa del santo che era andata in disuso.
Nella parte centrale si trova un quadro, di ignoto autore, che rappresenta Bonifacio nell’atto di battezzare un personaggio che, per la foggia degli abiti e la presenza delle insegne regali di corona e scettro poste su un cuscino sorretto da un astante sulla sinistra, è identificabile, come un sovrano. Ricercando tra i possibili riferimenti agiografici che possono avere ispirato la scelta di questo episodio, l’unico che è stato individuato, e che abbia corrispondenza con un santo dello stesso nome, è il battesimo che San Bonifacio, religioso camaldolese evangelizzatore di alcune regioni dell’Europa orientale poi nominato vescovo da papa Giovanni XVIII, amministrò ad un principe ruteno. Questo episodio, che portò alla conversione della sua casata e di buona parte dei suoi sudditi, scatenò contro Bonifacio l’ira del fratello del sovrano che fece uccidere il santo il 9 marzo del 1009, in una località della Moravia Orientale. Nonostante questa raffigurazione, i fedeli di Zuccaro non hanno mai attribuito i resti conservati nella loro chiesa a questo santo, il cui nome originario era Bruno e soltanto al momento del suo ingresso nell’ordine di San Romualdo assunse quello di Bonifacio.
La festa di San Bonifacio era celebrata la domenica precedente la Pentecoste, successivamente, la celebrazione venne fissata all’ultima domenica di luglio, data corrispondente alla definitiva sistemazione delle ossa nell’urna e che ancora oggi viene solennizzata dalla locale comunità come vera e propria festa patronale del paese.
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