Un crocevia di linguaggi. Tavole e polittici nel Levante genovese (XIV-XVI secolo)

La fortuna del polittico: funzionalità e persistenza del formato in pieno Cinquecento

La fortuna del polittico: funzionalità e persistenza del formato in pieno Cinquecento

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Nel Levante genovese, mentre nel corso del Cinquecento si afferma progressivamente la pala d’altare su tela a scomparto unico, il polittico continua sorprendentemente a prosperare. Lungi dall’essere un relitto di tradizioni superate o un segno di arretratezza periferica, il formato si dimostra invece funzionale e perfettamente adeguato alle aspettative delle comunità locali, che vi trovano un dispositivo ancora efficace dal punto di vista narrativo e devozionale.

Il modello prediletto è quello della struttura tripartita, arricchita da una predella a scomparto unico e da una cimasa caratterizzata da un’edicola centrale affiancata da specchiature laterali raccordate con volute al corpo principale. Una tipologia che connota, per esempio, il cosiddetto Trittico del Redentore già nella chiesa di San Saturnino a Moneglia, o il Trittico di Mezzanego oggi al Museo Diocesano, interessante caso di assemblaggio di parti eterogenee: cimasa, registro principale e predella provengono infatti da botteghe diverse che le realizzano in momenti diversi; a questo si aggiunge una cornice assai rimaneggiata nel Settecento.

La persistenza del polittico non è un fenomeno confinato all’entroterra, né una soluzione praticata da artisti rimasti ai margini della cultura figurativa più aggiornata. Anche nei centri costieri emergono esempi importanti, spesso legati a pittori pienamente consapevoli delle novità introdotte dal cantiere genovese di Palazzo del Principe, in particolare la pittura di Perin del Vaga.

È il caso di Teramo Piaggio, che continua ad offrire formule tripartite, gestite con disinvoltura e reinterpretate con uno sguardo attento alla “maniera moderna”. Nel Trittico di Santa Margherita custodito nell’omonima chiesa di Caperana (1537), ispirandosi all’opera realizzata da Perino per l’oratorio di Sant’Erasmo a Genova Quinto, Teramo sostituisce infatti la tradizionale cimasa a tre scomparti con un’ampia lunetta in cui domina la figura incombente del Padre Eterno. Nella Madonna con Gesù Bambino e santi di Campo di Ne (1546), invece, l’artista gioca con i canoni del formato, introducendo personaggi dalla fisicità energica, che determinano una costruzione spaziale più dinamica, segno di una piena assimilazione delle novità assorbite nella capitale.

Sulla stessa linea si muove anche Giovanni Cambiaso, che nella Polittico dell’Ascensione di Breccanecca (1545) rivela quella tendenza al gigantismo – tradotta in figure con forme accentuate e muscolature enfiate – che deriva dalla folgorante lezione lasciata dal Pordenone sulle facciate del palazzo genovese di Andrea Doria. La sperimentazione di strade nuove avviene quindi spesso nell’alveo rassicurante di una tipologia tradizionale.

Un caso particolare è poi il Polittico del Volto Santo conservato nella chiesa di Santa Giulia di Centaura, sulle alture di Lavagna. Come testimoniato dal contratto notarile siglato il 28 gennaio 1500, la macchina viene affidata dai confratelli del vicino oratorio della Santa Croce a Giovanni Mazone. La commissione però si arena e, a giudicare dal linguaggio con cui è stato realizzato, il manufatto viene portato a compimento almeno un decennio più tardi, intorno al 1515-1520. Ad occuparsi del lavoro è probabilmente Stefano, figlio di Giovanni, che i documenti d’archivio mostrano spesso all’opera nei cantieri lasciati incompiuti dal genitore. L’opera è dedicata al culto del Volto Santo di Lucca, che ebbe ampia diffusione anche in Liguria. Nello scomparto centrale la sacra immagine è adorata da confratelli e consorelle disposti in uno spazio reso profondo da una prospettiva audace e dalla disposizione degli oranti. Negli scomparti laterali si riconoscono i santi Gottardo Leonardo di Noblac, Lucia e Nicola di Bari, mentre il registro superiore affianca al Cristo in Pietà l’Angelo annunciante e la Vergine annunciata. L’insieme è costruito con un forte senso plastico: le figure, modellate con un chiaroscuro deciso, hanno una presenza stabile e solida, figlia del dialogo continuo della bottega Mazone con la cultura figurativa lombarda.

La fortuna del polittico nel Levante si prolunga addirittura fino all’ultimo quarto del secolo. Tra il 1577 e il 1578, Giacomo Vespesiano ripropone nel Trittico di Santa Margherita per la chiesa di Moconesi Alto e nel Trittico con san Giacomo apostolo e santi per la parrocchiale di Gattorna il fortunato schema tripartito. Siamo decisamente fuori tempo massimo ma la soluzione conserva intatta la sua dignità formale.

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