Pietro D’Asaro Redivivo

A 39 anni dall’ultima grande mostra curata da Leonardo Sciascia, il “Monocolo di Racalmuto” torna a far parlare di sé con il  catalogo aggiornato di Anastasia De Marco “Pietro D’Asaro Redivivo. La rinascita contemporanea del Monocolo di Racalmuto”.  Un progetto sostenuto dal MUDIA – Museo Diocesano di Agrigento con il direttore Domenica Brancato, per dare l’avvio al percorso Arte&Fede a Racalmuto. Il catalogo è stato  stampato dal Museo Diocesano con Ecclesiaviva editore e con il patrocinio del Comune di Racalmuto.  Nelle sale del  Museo Diocesano è stato presentato il catalogo e inaugurata una installazione. E’ esposta un’opera inedita di Pietro D’Asaro, cuore della nuova ricerca e di tutto l’evento, proveniente da collezione privata di Palermo. Sarà realizzato un allestimento site-specific dove Arte e Neuroscienza s’incontrano, a cura di PAD- Anastasia De Marco e MUDIA – Domenica Brancato con la proiezione del video REDIVIVO.  

La
personalità artistica del D’Asaro si inquadra in un momento complesso della
storia dell’arte italiana della Controriforma, arte regolamentata in ogni sua
rappresentazione. Caravaggio, pittore tra i più significativi del momento, sarà
 l’artista che più di tutti seguirà le coordinate
culturali dell’epoca, diventando per i giovani pittori del tempo il punto di
riferimento da seguire, sia in ambito nazionale che nelle realtà culturali
periferiche. L’arte del Caravaggio conquista
il “Monocolo di Racalmuto”, l’artista racalmutese che avrà
l’intraprendenza e la lungimiranza di sintetizzare la raffinatezza compositiva
della pittura cinquecentesca di maniera con il naturalismo successivo della
culturale in voga lungo tutto il meridione. Pietro
D’Asaro, Nicolò e Pompeo Buttafuoco, Martino Palma sono artisti locali che
vivono i fermenti culturali del territorio agrigentino tra la fine del XVI e
gli inizi del XVII secolo, un passaggio culturale espressivo e determinante, che
dal manierismo del centro-Italia, si proietterà verso la cultura Barocca. Un
passaggio culturale che ha caratterizzato la produzione pittorica degli artisti
locali, nelle loro diverse declinazioni, ove la pittura del D’Asaro ne rimane
la testimonianza artistica più rappresentativa.

Tra gli elementi di novità del
testo si riconosce una veste editoriale totalmente nuova, in quanto scelta
precisa e finalizzata alla riattualizzazione del D’Asaro; una nuova
interpretazione delle opere, nelle quali
si è evidenziata la capacità del Monocolo di indurre, attraverso le sue opere,
relazioni con molti aspetti della cultura non soltanto moderna, temi teologici,
filosofici e politici attualissimi. Sempre in luogo delle schede sono state
riviste alcune posizioni critiche e di datazione; sono state aggiornate le
collocazioni attuali perfacilitare il turismo artistico e percorsi tematici;
sono stati chiariti alcuni equivoci interpretativi, come l’identità dei Del
Carretto suggerita nel 1984 nella Madonna della Catena.

Nel nuovo catalogo è inoltre
sostenuta la tesi che la cosiddetta “pittura brutta” sia collocabile ad una
primissima formazione del pittore piuttosto che ad altri fattori quali la
malattia, la vecchiaia o la collaborazione di aiuti. Viene chiarito il suo
rapporto con lo “Zoppo di Gangi” ovvero Gaspare Bazzano (1562-1630) con la
ferma convinzione che sia proprio quest’ultimo il suo maestro.

Un approfondimento archivistico
ha rivelato una figura di artista che riscuoteva credibilità sul vasto
territorio agrigentino, come lo attestano le commissioni di importanti opere
pittoriche, oggi perdute: il dipinto raffigurante San Filippo Neri per la
chiesa dell’Itria di Grotte e la pala d’altare raffigurante l’Assunzione della Vergine
per la chiesa madre di Favara. In merito a quest’ultima il D’Asaro nel suo memoriale
ha esposto di essere creditore di 20 onze di resto delle restanti 50 onze che
gli spettavano. Dati che illustrano in termini economici l’alta quotazione che
la sua arte ricopriva nell’entourage del suo tempo, e attestano la presenza di
un artista che ha scelto con consapevolezza di non mercificare la sua arte.
Fare arte per amore di farla, questo il messaggio da leggere in queste semplici
ma preziose annotazioni inventariali, a differenza di chi “amasse di fare ben
pagato i suoi quadri, e quando ciò non poteva ottenere, solea proporzionare il
lavoro alla paga convenuta ” talis pictatio qualis pagatio”, riferito al
pennello del pittore agrigentino Nunzio Magro 1627-1704.

 

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